Un’idea profondamente radicata in parte del discorso femminista è la rappresentazione binaria della società: da una parte le donne, vittime sistemiche; dall’altra gli uomini, carnefici e oppressori per definizione.
Donne vittime, uomini carnefici
In questo schema, non c’è quasi spazio per le sfumature: difficilmente si ammette che gli uomini possano anch’essi subire discriminazioni, violenze o pressioni legate al loro genere; e ancor meno si riconosce che le donne possano esercitare, in certi contesti, forme di abuso, potere o privilegio. Nelle rare occasioni in cui questo accade, è sempre a condizione di riconoscere che le donne, comunque, se la passano peggio.
Attenzione selettiva
Quando questi aspetti emergono, inoltre, vengono ridotti a eccezioni trascurabili o a effetti collaterali del “sistema patriarcale”, non degni di attenzione. In alcuni casi, chi cerca di fare luce sui problemi specifici degli uomini viene accusato di voler deviare risorse e attenzione dalle battaglie per le donne.
Il risultato è uno schema rigido e semplificatorio che finisce, ironicamente, per replicare proprio quella riduzione degli individui a ruoli stereotipati che il femminismo storico cercava di combattere.
Questa asimmetria emerge in modo lampante nella diversa reazione sociale alla violenza di genere:
- La violenza contro le donne è giustamente condannata, oggetto di campagne, leggi specifiche, interventi mediatici e indignazione pubblica.
- La violenza contro gli uomini, invece, viene spesso ignorata, minimizzata, ridicolizzata o addirittura negata tout court.
Un uomo che racconta di essere stato aggredito o umiliato da una donna si trova spesso davanti all’incredulità e al sarcasmo, e le frasi con cui si commenta il fenomeno sono quasi sempre “dai, non può essere così grave” oppure “chissà cosa lui ha fatto a lei perché lei si comporti così”. Il messaggio per l’uomo vittima è duplice: la sua sofferenza è per natura meno importante, e lui stesso è in qualche modo responsabile per la sua situazione (a differenza della donna, per la quale lo status di vittima è quasi sempre totale e incondizionato, e nel qual caso il victim blaming è un tabù assoluto).
La giustificazione dell’odio
Eppure, una società che si proclama contraria al sessismo non può tollerare che l’empatia sia concessa o negata sulla base del sesso di chi soffre. Frasi come “La misandria non uccide nessuno; la misoginia sì” vengono usate per giustificare la disparità di trattamento, ignorando che l’odio — verso chiunque — disumanizza sempre e produce conseguenze reali: isolamento, stigmatizzazione, difficoltà ad accedere a sostegno emotivo, legale e psicologico.
L’empatia selettiva è una trappola culturale: legittima la sofferenza solo quando è “politicamente utile” e la nega quando rischia di disturbare una narrativa dominante. La vera parità tra uomini e donne non si raggiunge scegliendo a chi dare ascolto e compassione, ma riconoscendo che ogni sofferenza merita attenzione, e che la dignità non ha genere.
Esempi
[Lo stupro] non è niente di più o di meno che un processo di intimidazione con cui tutti gli uomini tengono tutte le donne in uno stato di paura.
L’accusa di misandria è un meccanismo di silenziamento: un modo di mettere a tacere la rabbia, a volte violenta ma sempre legittima, delle persone oppresse contro i loro oppressori. Scandalizzarsi di fronte alla misandria, trattarla solo come un’altra forma di sessismo e altrettanto condannabile (come se il sessismo venisse condannato…), significa nascondere maliziosamente sotto il tappeto i meccanismi che fanno dell’oppressione sessista un fenomeno sistemico, sostenuto dalla storia, dalla cultura e dalle autorità. Significa affermare che una donna che odia gli uomini è altrettanto pericolosa di un uomo che odia le donne – e che non ha alcuna ragione di provare certi sentimenti, che siano di ostilità, diffidenza o disprezzo. Ma infatti, quando mai nella storia dell’umanità un uomo ha fatto del male a una donna? O più in generale, quando mai gli uomini hanno fatto del male alle donne?
Ministero dell’Interno: la violenza di genere è violenza sulle donne: https://web.archive.org/web/20250509124711/https://www.interno.gov.it/it/temi/sicurezza/violenza-genere
“La violenza di genere è […] qualsiasi forma di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne”: https://archive.ph/erxAN
Indagine ISTAT con focus esclusivo sulle donne vittime: https://web.archive.org/web/20250518201053/https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/il-numero-delle-vittime-e-le-forme-di-violenza/
“La violenza sulle donne è un fenomeno sistemico e strutturale che occorre combattere su più fronti”, di Alessia Goldoni: https://archive.ph/NizPF
Studi e statistiche sugli uomini vittime di violenza domestica:
Swan et al. (2008), A Review of Research on Women’s Use of Violence With Male Intimate Partners: https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC2968709/
Machado, Sousa & Cunha (2023), Bidirectional Violence in Intimate Relationships: https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/15248380231193440



Letture e approfondimenti
Michele Miccoli e Martina Grassini, Codice Rosso: quando l’uomo è vittima
- Due avvocati affrontano il tema poco discusso della violenza sugli uomini, evidenziando come essa non sia solo fisica, ma anche psicologica, economica e giuridica.
Barbara Benedettelli, 50 sfumature di violenza
- Esplora casi reali di cronaca nera e giudiziaria, in cui emerge un quadro di violenza in cui sia uomini che donne sono di volta in volta i carnefici o le vittime.